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LETTERATURA GIUDEO-ITALIANA

LETTERATURA GIUDEO-ITALIANA

20,00 €
UMBERTO FORTIS

La letteratura giudeo-italiana dei primi secoli è costituita in prevalenza da volgarizzamenti da testi biblici, da glossari filosofici e da dizionari biblici, o da traduzioni delle più diffuse preghiere: si tratta, quasi sempre, di opere di compilazione, per la maggior parte anonime, frutto della volontà di adeguamento di testi canonici alle strutture del ‘dialetto’ diffuso nelle varie sedi comunitarie, soprattutto centro-meridionali: testi che hanno consentito di rilevare alcuni tratti distintivi appunto del ‘giudeo-italiano’ nel contesto della lingua volgare, fondamentali dal punto di vista linguistico, ma, con rare eccezioni, opere non sorrette da vera creatività artistica, né dotate di un valore, in qualche misura, estetico. All’interno perciò di questo vasto corpus di documenti e di testimonianze acquistano un valore particolare, tra le altre, alcune opere, ora anonime, come l’Elegia del 9 di Av, ora d’autore, come i testi dialettali di Moshé da Rieti o di Mordekhày Dato, che, per l’impegno che le ha dettate e per la loro attenzione costruttiva lessicale e retorica, si distinguono nel contesto giudeo-italiano. Sono testi ‘originali’ che, per la loro genesi e per la loro natura, meritano di essere letti e analizzati anche nella loro pur fragile rilevanza letteraria; prose e versi orientati su precise finalità educative, con l’intento di un vero coinvolgimento emotivo del destinatario, al quale consegnare un meditato messaggio morale. Si tratta certo di letteratura ‘minore’, di testi che non vantano significative pretese estetiche, ma che giustificano comunque una valutazione che lasci in secondo piano i tratti dialettali per adottare una lettura diversa, che possa mettere in evidenza, accanto al loro valore storico e documentario, anche le loro strutture interne, la loro capacità costruttiva, l’importanza dei loro messaggi e il nobile intento comunicativo di rabbini che vogliono ricordare ai propri fedeli i valori fondamentali dell’ebraismo, abbandonando la lingua ebraica, pur usandone i caratteri, per avvalersi proprio di quel dialetto che avrebbe reso possibile la trasmissione del loro messaggio etico. Cogliere anche questi aspetti, attraverso l’analisi di alcuni dei brani più significativi, tra i testi selezionati, consente allora non solo di rilevare gli intenti artistici degli emittenti, ma anche di vagliare l’impegno sociale che qualifica un capitolo spesso poco considerato dell’attività culturale degli ebrei della penisola e di offrire così alcuni materiali per un futura, nuova ‘storia’ della produzione letteraria degli ebrei in Italia.