“Uno Stato ebraico è indispensabile per la realizzazione dell’ideale religioso nazionale; purtuttavia, si tratta solo di uno strumento”. Così scriveva anni or sono Rav Soloveitchik, il grande rabbino e pensatore, per lungo tempo guida dell’ortodossia ebraica americana. Per il Rav, lo strutturarsi, la nascita e il progredire dello Stato di Israele – rifugio per gli ebrei perseguitati nel mondo – costituiscono la grande occasione che il Popolo ebraico non può e non deve smarrire. Scopo dello Stato ebraico non deve essere quello di far cessare la separazione tra Israele e le genti, con l’elisione conseguente della solitudine degli ebrei, ma piuttosto di trasformare, innalzandoli, il fato in missione; il popolo in nazione santa; l’accampamento in assemblea. Una riflessione credente sulla storia di Israele, tra Bibbia e contemporaneità, tra devastazione e semi di speranza, tra afflizione e vigore e dignità ritrovati.
Volume densissimo e potente, lucido e sferzante, ispirò, in Israele e in diaspora, generazioni di rabbini e pensatori, da Yitz Greenberg ad Aharon Lichtenstein, da David Hartmann a Shlomo Riskin, sino a Jonathan Sacks. Appare finalmente in lingua italiana, con un ritardo cinquantennale.