IMMAGINI DELL'EBREO NELLA LETTERATURA ITALIANA
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UMBERTO FORTIS
“E
perchè gli mancavano dieci mila ducati, andò a un giudeo a Mestri, e accattolli
con questi patti e condizioni, che s’egli non glie l’avesse renduti dal detto
dì a San Giovanni di giugno prossimo a venire, che ’l giudeo gli potesse levare
una libra di carne d’addosso di qualunque luogo e’ volesse; e così fu contento
messere Ansaldo; e ’l giudeo di questo fece trarre carta autentica con
testimonii, e con quelle cautele e solennità che intorno a ciò bisognavano e
poi gli annoverò diecimila ducati d’oro”.
(Ser Giovanni Fiorentino)
“Egli
ha sposate due mogli in Portogallo, e tre altre nella Catalogna; e nell’Olanda
ha falsificata più volte la moneta d’oro. Nella Borgogna ha violate quattro
clausure col rapimento di più zitelle, una delle quali […] si crede certamente
che sia quel suo compagno Piloncino, sotto abiti di maschio, e con qualche
segno di barba mentita […] è stato processato, non so dove, per istregone, e
bruciata solennemente la sua statua”.
(Girolamo Gigli)
“l’infame
Giudeo, un ministro dell’inferno, avea concepita l’insana speranza di
ringiovanire le membra inferme dei mortali col trasfondere nelle vene spossate
di chi languisce il sangue di robusti giovanetti […] rapiva quei fanciulli che
il caso spingeva sul lido, e vendeva poi alla credulità di chi giace infermo il
loro sangue a peso di quel metallo men duro del cuore di un Ebreo”!
(Claudio Varese)
Era
il ritratto dell’avarizia e della viltà, colle sembianze d’una sordida miseria.
[…] Il naso adunco in quel volto osseo e magro, a zigomi sporgenti ed occhi
incassati, ricordava il becco d’un uccello da rapina; la bocca sdentata
rientrava nelle mascelle incavando ai due lati della faccia un avvallamento
pieno di rughe; piccolo, a spalle strette, a petto incurvato, a membra gracili,
Jacob camminava a corti passi, senza far rumore, guardando in terra dove
sembrava sempre cercar qualche cosa, respirando in modo particolare, quasi
affannoso, tra il sospiro ed il gemito. Parlando aveva la voce debole e rauca e
quell’accento tra gutturale e nasale che è carattere del popolo israelita,
esagerato nella feccia di quella povera razza dispersa.
(Vittorio Bersezio)