GIUDEA IN RIVOLTA
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MAURIZIO GHIRETTI
Obiettivo
di questo studio è la ricostruzione degli avvenimenti di un periodo storico
essenziale per quanto concerne l’“incontro” tra il popolo ebraico di Giudea e
il dominante Impero romano. Un popolo, quello ebraico, lacerato dall’antinomia
fra universalismo ellenistico-romano e salvaguardia della propria identità
nazional-religiosa. Il periodo preso in esame è importante perché, verso la sua
fine, la società ebraica fu sconvolta da una furiosa ribellione anti-romana e,
nel contempo, da una altrettanto furiosa rivoluzione contro i ceti dominanti
nazionali. La rivoluzione ebbe successo e travolse il tradizionale ordine
politico, religioso e sociale giudaico. La sfida all’assoluta superiorità
militare dei romani si concluse invece con esiti catastrofici per lo “Stato”
del Secondo Tempio e per tutto l’ethnos ebraico. La ricostruzione storica resta aderente
ai dati delle fonti tramandate principalmente dallo storico ebreo Flavio
Giuseppe e, partendo dal contesto economico, sociale e politico, si concentra
sulle tensioni escatologiche e sulle aspirazioni messianiche che animarono
stabilmente le varie e minoritarie forze ribelli che insorsero contro Roma e i
ceti dirigenti nazionali. I rapporti fra gli ebrei di Giudea e i romani non
furono caratterizzati soltanto da aperta ostilità: infatti il discusso Flavio
Giuseppe, testimone oculare della spietata reazione romana, era convinto – e
con lui molti connazionali – che la convivenza con il potere romano fosse
possibile e che soltanto la sua protezione potesse assicurare agli ebrei – di
Giudea e della Diaspora – la possibilità di prosperare all’interno di un impero
sovrannazionale in cui prevaleva la pericolosa ostilità antigiudaica delle
numerose etnie ellenizzate. Ma la “protezione” aveva dei pesi onerosi per la
popolazione, anzitutto a causa della pessima amministrazione di
procuratori-prefetti avidi e crudeli; inoltre aveva un costo a cui gruppi di
oppositori nazional-religiosi, chiusi nel proprio zelo settario che ne
cementava l’identità, non vollero mai piegarsi. Essi respinsero il dominio
romano e quello dei ceti dirigenti collaborazionisti perché erano in attesa di
un prossimo Regno divino che poteva attuarsi soltanto in una Giudea libera e
popolata da ebrei che riconoscevano un Unico Signore. Fiduciosi in un conflitto
militare decisivo – voluto da Dio – che avrebbe liberato il popolo dal dominio
straniero e aperto la strada al regno messianico, non furono mai sfiorati dal
dubbio che quello che propagandavano come progetto divino fosse in realtà il
proprio progetto salvifico ipostatizzato.