Nella scarna produzione volgare di Immanuel Romano la condivisione di esperienze poetiche diffuse nel Trecento, da lui importate nell’area romana, non significa mai passiva adesione a modelli o a moduli esterni. Manoello Giudeo, come appare nei codici, sa esprimere sempre note di spiccata individualità, che gli consentono di ritagliarsi uno spazio autonomo in un contesto pur ricco di molteplici manifestazioni letterarie. I suoi quattro sonetti e la “frottola”, nota come Bisbidis, non costituiscono certo un piccolo canzoniere: nati in momenti tra loro lontani, la loro origine occasionale non consente di ritrovare un filo che li leghi in un disegno organico, preordinato, eppure, nel loro insieme, sembrano suggerire una loro interna struttura unitaria, quasi una presa di posizione, fortemente individuale, del poeta di fronte ai problemi più urgenti dell’umana esistenza: l’amore, la politica e la religione, nei difficili anni in cui lotte politiche, partigianerie e scontri religiosi rendevano inquieta ed esposta a costanti pericoli la vita di chi, come Manoello, ebreo esule dalla propria città, era costretto a cercar rifugio presso centri accoglienti o corti signorili. Nei pochi versi superstiti, infatti, l’io del poeta è sempre dominante, a significare, pur entro i moduli della poesia comica e realistica, una propria singolare condizione di fronte a ogni evento affrontato: l’inquietudine per l’impossibilità di assumere una decisa posizione politica o religiosa di fronte allo scontrarsi delle fazioni e dei grandi partiti, fino a proporre un necessario, superiore distacco da ogni eventuale coinvolgimento; il tormento di chi non sa sottrarsi alla forza della passione amorosa, in contrasto con la visione idealizzata degli stilnovisti; o, per altro verso, dopo l’enfatica esaltazione di una corte signorile, anche il profondo dolore e il pianto di fronte alla morte. Accanto all’immagine, delineata da una lunga tradizione critica, di un Immanuel poeta gaudente e frivolo nella sua produzione in ebraico, convive anche un Manoello volgare che, pur dietro il velo dell’ironia, avverte le apprensioni di un animo turbato in un tempo di crisi e di forti tensioni ideologiche.