GIUNGE NEI GIORNI
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CARLA GUASTALLA (a cura di)
Quando la Torah parla dei Patriarchi riferendosi alla parte più avanzata della loro vita usa l'espressione "giunge nei giorni" (Bereshit 24,1). I commentatori si domandano perchè non si preferisca dire piuttosto: "va nei giorni", dal momento che la parte considerata migliore della nostra esistenza si consuma in realtà negli anni giovanili, allorchè le energie sono più presenti nell'individuo e con esse la gioia di vivere. La risposta sta nella differenza fra lo sprovveduto e l'assennato. Lo sprovveuto, che non investe le proprie forze nel perseguimento della sapienza ma dedica la sua gioventù solo ai piaceri materiali, vede lentamente ma inesorabilmente esaurirsi il proprio scopo di vita con il passare degli anni in misura direttamente proporzionale al venire meno delle risorse fisiche indispensabili per raggiungere queste finalità. Assai diverso èmil caso della personaassennata. Ella si prefigge un obbiettivo differente: coltivare i valori della sapienza e dell'interiorità.Contrariamente alla materia che si erode nel tempo, lo spirito ha la caratteristica di caricarsi progressivamente sempre più e di emergere in tutto il suo fulgore proprio nella fase più avanzata dell'esistenza. Gli anziani Patriarchi, che di questa categoria di uomini costituiscono gli esempi più distinti, lungi dal trovarsi "in panchina" rispetto alla partita della vita, sono invece descritti come coloro che hanno raggiunto il traguardo dei loro giorni e sono preparati a vivere appieno gli anni di più feconda maturità intellettuale e spirituale.